La nascita e il successivo sviluppo di questo cimitero ipogeo sono legati al martirio della giovanissima Agnese, nel corso di una delle persecuzioni anticristiane del III secolo: quella di Diocleziano (303-305 d.C.) - che fu tra le più spietate - oppure di Decio (249-251) o Valeriano (257-260).
Il corpo di Agnese fu tumulato in una galleria al primo piano di un cimitero cristiano già esistente sul fianco della collina, in corrispondenza del I miglio della Via Nomentana, a 6 metri di profondità rispetto all’attuale livello stradale.
Tale cimitero - nella suddivisione in 4 regiones operata dall’archeologo ottocentesco Mariano Armellini - corrisponde alla regio I delle attuali catacombe di S. Agnese, ed è originario della seconda metà del III secolo, quindi di poco precedente all’epoca costantiniana.
Uno dei principali documenti agiografici riguardanti la figura di S. Agnese è La passio sanctae Agnetis, redatta agli inizi del V secolo e basata su materiali precedenti come gli scritti del papa Damaso (366-384), oppure il De Virginibus e l’inno XI Agnes beatae virginis di S. Ambrogi (334-394). E’ tale documento a dare indicazioni sulla posizione topografica della tomba di S. Agnese, collocandola in praediolo suo, ovvero in un piccolo fondo di proprietà della famiglia della bambina, prossimo ai terreni di proprietà imperiale su cui sorgeranno gli edifici costantiniani.
Planimetria generale delle catacombe di S. Agnese (da Frutaz)
1) Questa prima regio coincide con l’area a cui si accede per prima dall’attuale ingresso. Gli indizi di maggiore arcaicità, rispetto alle altre regiones, derivano da elementi come:
2) La regio II, colpita più delle altre dai trafugatori di reliquie, si presenta in maniera estremamente frammentaria, per cui risulta arduo renderne conto in maniera compiuta. Come le successive, si è sviluppata a partire dal IV secolo.
3) La regio III si sviluppa tra l’abside della basilica onoriana (l’attuale basilica di S. Agnese) e un arenario in direzione Nord - formato da una serie di ambienti cavi naturali - che mette in comunicazione il cimitero sotterraneo di S. Agnese con l’altro grande complesso funerario ipogeo della Via Nomentana denominato "Cimitero Maggiore".
Le testimonianze epigrafiche rinvenute testimoniano un utilizzo di questa parte del cimitero dall’inizio fino alla fine del IV secolo.
La sepoltura sotto consistenti strati di limo nel corso dei secoli ha garantito l’integrità di queste sepolture sino alla loro scoperta da parte di Armellini, tanto che da questa regione derivano molti oggetti oggi custoditi nei Musei Vaticani. A dispetto di tale circostanza, oggi non è visibile alcuna decorazione pittorica all’interno delle catacombe. Sono però presenti alcune testimonianze che possono destare una certa curiosità:
4) L’ultima regione, la IV, è quella più prossima al Mausoleo si S. Costanza, e fu fatta rinvenire nel corso della campagna di scavi del 1971-72, che interessò anche la zona di accesso alla basilica costantiniana.
Ta tale campagna si è potuto appurare che in quest’area esisteva una necropoli pagana con mausolei e colombari (costruzioni funerarie costituite da nicchie sovrapposte per riporre le urne cinerarie), databili a partire dal II secolo dopo Cristo.
Con la costruzione della basilica costantiniana la necropoli venne distrutta. L’erezione di tale edificio costituì dunque un atto di dominio da parte dell’imperatore, forte del suo titolo di Pontifex Maximus, analogamente a quanto avvenne sul colle Vaticano, dove una vasta necropoli era stata sacrificata da Costantino per erigere la basilica in onore dell’apostolo Pietro.
La quarta regione catacombale sorse dunque una volta che l’area fu liberata dalla necropoli preesistente, utilizzando come ingresso una scala già appartenente ad uno dei mausolei pagani, modificata per la nuova destinazione d’uso. Molti frammenti marmorei delle tombe antecedenti furono anche inglobati nelle muratore e nei gradini delle catacombe.
Da questa regione deriva un certo numero di reperti interessanti:
Del culto di S. Agnese praticato presso la sua tomba rimane, come prima testimonianza in ordine cronologico, un pluteo marmoreo che reca al centro la figura della martire orante abbigliata con un’ampia dalmatica, la tunica bianca corta e aperta ai lati portata dai Romani. Esso appartiene all’originaria sistemazione del sepolcro da parte di papa Liberio (352-366). Il pluteo è oggi visibile murato ai piedi dello scalone che conduce al nartece della basilica.
La successiva testimonianza è costituita da un carme che papa Damaso (366-384) fece incidere su una lastra marmorea e collocare sulla tomba della martire. Reimpiegata come lastra pavimentale, anche questa iscrizione è attualmente affissa lungo la parete dello scalone.
All’epoca del pontificato di papa Simmaco (498-514), il primitivo santuario fu trasformato in una sorta di basilichetta, una struttura absidata la cui costruzione comportò la distruzione di parte del cimitero preesistente. Lo stesso papa Simmaco, secondo il Liber Pontificalis, aveva già provveduto al restauro della fatiscente basilica costantiniana.
Una basilica semipogea (cioè sotterranea per metà) ad corpus, fu quindi fatta realizzare da papa Onorio (625-638). La soluzione ad corpus - ovvero direttamente a ridosso del corpo della martire, per consentirne ai fedeli la vicinanza - è caratteristica anche di altre chiese, come S. Domitilla e S. Lorenzo.