La redazione di questa carta si colloca in un periodo singolare della storia di Roma: gli anni in cui l'esercito francese, dopo aver posto fine alla Repubblica romana di giuseppe Mazzini, nel 1849, manteneva un presidio nella città, per salvaguardare il potere temporale della Chiesa, sempre più minacciato dal novo Stato italiano, che vedeva in Roma la propria capitale naturale. I francesi avevano abbandonato la città, a seguito della Convenzione del settembre 1864, in base alla quale la Francia si impegnava a ritirare entro due anni le proprie truppe da Roma e l'Italia a garantire il territorio pontificio da attacchi esterni. Poi vi erano tornati nel 1867, per contrastare la convergenza tra Garibaldi - fermato in Aspromonte nel tentativo di avvicinarsi alla Città eterna - ed il presidente del consiglio Urbano Rattazzi. L'avrebbero lasciata al suo inevitabile destino solo nel 1870, prima che l'esercito italiano entrasse in Porta Pia.
Ecco dunque come si presenta la strada percorsa dai primi bersaglieri che hanno liberato la città. La via Nomentana è costellata di ville e villini borghesi, ma siamo ancora lontani da qualsiasi ipotesi di urbanizzazione.
I maggiori elementi d'interesse di questa carta sono costituiti dalle indicazioni orografiche, oggi più difficilmente leggibili sotto la trama del costruito, e dalle diciture dei toponimi. Si noti, ad esempio, la Sediaccia, oggi Sedia del Diavolo, nome attribuito ai ruderi di un sepolcro romano, o il Vicolo di Campagna, che portava direttamente verso la tenuta di Pietralata, la cui memoria del tracciato rimane oggi in via G.B. De Rossi. Il secondo elemento importante che si aggiunto nell'area è la villa dei principi Massimo, acquistata poi, nel 1910, dal mecenate prussiano Eduard Arnhold, per ricavarne studi ed abitazioni per gli artisti. Oggi è sede dell'accademia tedesca.